L'atleta rappresenta il "campo di studio" per gli effetti di situazione limite per l'organismo umano; i record dell'atletica leggera, le immersioni a profondità estreme o la permanenza ad altissime quote senza l'utilizzo dell'erogatore di ossigeno hanno sconvolto i capi saldi della fisiologia classica.
Uno degli argomenti più attuali ed interessanti è lo studio della fatica; le sue diverse caratteristiche, le implicazioni biochimiche, la sua prevenzione e cura sono temi molto sentiti dagli esperti del settore.
Di pari passo con lo studio fisiologico dell'atleta si è sviluppata una disciplina, la metodologia dell'allenamento, che si occupa della preparazione specifica dello sportivo agonista; si sono così creati i presupposti per il controllo e lo studio dei "carichi" di lavoro.
Grazie ai Test di valutazione, i tecnici sono in grado di valutare un atleta e di consigliare un certo tipo di preparazione fissandone gli obbiettivi.
Lo studio dei collegamenti esistenti tra i tre maggiori sistemi di integrazione operativa del nostro organismo (sistema nervoso centrale, sistema endocrino e sistema immunitario) rappresenta il futuro della ricerca; stabilire gli effetti centrali e periferici dello stress psico-fisico è una chiave privilegiata di lettura dell'interazione tra il nostro organismo e gli stimoli esogeni.
La possibilità di interpretare le condizioni patologiche, anche severe, è uno stimolo non indifferente per la ricerca terapeutica.
I problemi connessi all'utilizzo di sostanze farmacologiche nella cura delle patologie che colpiscono gli atleti in attività agonistica sono molto attuali e di rilevate importanza.
La possibilità di sconfinare nel fenomeno del doping quando si intraprende una terapia medica per la cura di uno sportivo è davvero consistente, inutile ricordare i recenti episodi di squalifiche inflitte a noti personaggi del mondo dello sport a causa dell'assunzione di sostanze ritenute proibite.
Altrettanto attuali e confuse sono poi le dispute sulla definizione di "integratori" che dovrebbero servire a migliorare la performance sportiva e pertanto teoricamente includibili nella definizione di sostanze dopanti.
Ovviamente gli atleti non sono immuni da essere afflitti da severe malattie o da banali malanni fisici per il solo fatto di fare sport, e comunque necessitano di cure particolari per impedire ad esempio il manifestarsi del sovra-allenamneto.
La traumatologia dello sport è una branca della medicina sportiva che si occupa della diagnosi e del trattamento delle patologie che colpiscono l'atleta in attività.
I problemi però non sono solo legati ai danni occorsi dopo incidenti sportivi ma riguardano anche quelli sviluppati in seguito ad intensa attività di preparazione o di gara.
A volte soggetti apparentemente sani devono impegnarsi a fondo per modificare le proprie caratteristiche anatomo-funzionali di base al fine di poter svolgere un esercizio in modo vincente; oppure sono colpiti da vere e proprie malattie professionali, sorte a causa del tipo di attività sportiva che svolgono.
L'OOT si propone come una possibile alternativa ai tradizionali presidi terapeutici offerti al mondo dello sport.
Si tratta di un sintomo che può colpire sia atleti in attività agonistica sia soggetti che svolgono intesa attività fisica.
Si distinguono almeno due tipi di DM: il DM precoce ed il DM tardivo o DOMS (Delayed Onset on Muscle Soreness).
Il DM precoce è sempre a carattere benigno e con esito favorevole.
Il DOMS è una dolenzia che insorge e si acutizza con un certo ritardo, dopo alcune ore o addirittura dopo qualche giorno dalla prestazione.
La causa della sintomatologia è legata al danno tissutale che si realizza attraverso lo scompaginamento, di vario grado, delle strutture della fibra muscolare.
Esso si manifesta dopo esercizi ai quali i muscoli coinvolti non sono adatti e sulla sua gravità influiscono sia l'intensità che la durata dello stimolo.
Il processo di danneggiamneto può originare per motivi fisici o metabolici.
Le cause fisiche sono:
tensioni eccessive o inusuali (l'allungamento del muscolo in contrazione è tipico dell'esercizio eccentrico)
aumento della temperatura del tessuto in contrazione
Le cause metaboliche sono:
riduzione dei fosfati ad alta energia (ATP)
accumuno di radicali liberi (RL) dell'ossigeno
diminuzione della concentrazione di glicogeno
riduzione del ph
aumento della concentrazione dei lattati
In queste situazioni bisogna fare attenzione alla supplementazione di ferro con la dieta, perchè si può innescare la reazione di Fenton (tipica del danno da ischemia/riperfusione).
La terapia del DOMS si basa sull'utilizzo di farmaci (antiedemigeni e FANS) e massaggi. Le vitamine, gli antiossidanti e la carnitina possono essere impiegate soprattutto nella prevenzione.
L'OOT in questi casi, a scopo preventivo, può trovare delle indicazioni; la somministrazione di concentrazioni "vascolari" nel sottocute (2-2.5 microgr/cc).
Un discorso a parte merita il cosiddetto "mal di gambe" dei ciclisti. Esso si manifesta nonostante il lavoro muscolare sviluppato non implica contrazioni eccentriche; in questo caso infatti le cause sono diverse.
La riduzione dell'apporto di ossigeno e quindi il suo ridotto utilizzo (pedalata=ischemia/riperfusione) rappresentano i principali motivi della sua insorgenza.
La prevenzione si attua lavorando a frequenze di pedalata più "agili" e svolgendo una preparazione più graduale.
La Fatica Muscolare (FM) può essere considerata come uno stato di esaurimento fisico e psichico.
La FM è suddivisa in due categorie: la FM acuta e la FM cronica. La prima si manifesta dopo un lavoro massimale o di lunga durata e viene considerata fisiologica, la seconda quando è assente il recupero completo tra le singole prestazioni.
Il primo inquadramento nosografico fu proposto da Venerando nel 1976; egli suddivise la FM cronica in tre differenti tipologie: l'affaticamento sub-cronico, la sindrome da non rendimento ed il sovra-allenamento.
L'affaticamento sub-cronico si caratterizza essenzialmente per la perdita di peso del soggetto.
Nella sindrome da non rendimento è tipico il lento recupero dopo la prestazione e quindi l'efficienza sportiva viene meno.
Nel sovra-allenamento (overtraining) compaiono sintomi come l'astenia, le distimie, l'insonnia, etc.
E' assai difficile reperire le cause primarie di questi quadri patologici; sicuramente esse insorgono quando nel muscolo si accumula acido lattico. Altre cause sono: la difformità nella trasmissione dello stimolo nervoso al muscolo, la riduzione di attività degli enzimi glicolitici, l'aumento della concentrazione degli ioni idrogeno del mezzo.
Le cause potenziali di FM sono molteplici:
abitudini di vita
fattori psico-sociali
malattie infettive
terapie farmacologiche
patologie infiammatorie
disfunzioni endocrine
patologie metaboliche
turbe cardiovascolari
malattie ematologiche
alterazioni neurologiche
condizioni particolari (gravidanza)
neoplasie
fattori controversi (allergie alimentari)
Si è tentato in questi ultimi anni di "misurare" la fatica attraverso la rilevazione di dati clinici o elettrocardiografici:
aumento della frequenza cardiaca di 10 bpm dal valore di base
mancata riduzione della frequenza cardiaca all'inspirio profondo
aumento della pressione diastolica a riposo
modificazioni elettrocardiografiche dell'onda T
Esiste la possibilità di valutare il grado di fatica osservando le variazioni di alcuni parametri ematochimici ed urinari.
Ecco un elenco dei principali dati da osservare nel sangue di un atleta che si sottopone ad intensa attività sportiva:
lattacidemia
fosforemia
riserva alcalina
bicarbonatemia
ammoniemia
aldolasi
creatina fosfo-chinasi
Anche nelle urine possiamo ricercare lo stato di forma di uno sportivo:
albuminuria
mucoproteinuria
creatinuria
idrossiprolinuria
VAM
5 HIAA
17 cheto-idrossi-steroidi
Partendo dal presupposto che l'esame clinico riveste grande importanza nell'inquadramento generale di un atleta, abbiamo a disposizione anche dei dati di riferimento per quanto riguarda la forma fisica.
Ancora una volta gli esami ematochimici possono guidarci nella valutazione della condizione.
emocromo: esiste una naturale emodiluizione nell'atleta (utile durante il periodo agonistico), l'anemizzazione può essere dovuta anche alla perdita di ferro col sudore, urine e feci; aumenta l'emolisi (Guglielmini 1989)
CPK: la forma isoenzimatica MM è segno di danno muscolare (Hortobagy 1989)
transaminasi: aumentano in corso di esercizio fisico
mioglobina: un aumento è precoce indice di danno muscolare, il picco di concentrazione si manifesta a 6 ore dall'esercizio (Roxin 1986)
troponina: si tratta di un marker estremamente sensibile di danno muscolare
insulina: si riduce durante l'esercizio con aumento di glucagone e catecolamine
acidi grassi liberi: aumentano in corso di esercizio
glicemia: tende a calare durante l'esercizio
azotemia: indicatore del metabolismo proteico
ammoniemia: aumenta durante l'esercizio intenso e di lunga durata, fattore di genesi della fatica centrale
Negli atleti di endurance in particolare le cause metaboliche di fatica sono molteplici:
- Fatica periferica o muscolare
diminuzione delle riserve di creatina fosfato muscolare
acidosi
deplezione del glicogeno muscolare
- Fatica centrale
riduzione della glicemia
aumento del rapporto triptofano/aminoacidi ramificati
aumento dell'ammoniemia
In medicina dello sport la fatica è direttamente proporzionale all'attività fisica svolta; all'aumentare dello sforzo fisico aumenta la probabilità di entrare in fatica. Risulta quindi fondamentale la preparazione fisica e l'allenamento.
Il fine dell'allenamento è l'ottimizzazione delle capacità e lo sviluppo delle abilità che concorrono a migliorare il rendimento dell'atleta.
Le capacità in oggetto sono di 2 tipi: le motorie e le coordinative.
Le C. motorie sono:
Forza: la capacità del sistema neuromuscolare di opporsi ad una resistenza o di vincerla, producendo tensioni
Resistenza: la capacità di resistere alla stanchezza in esercitazioni di lunga durata; essa entra in azione in attivtà sportive comportanti un impegno continuo e prolungato >30 secondi
Rapidità: la capacità di compiere un atto motorio nel minor tempo possibile
Flessibilità: la capacità di eseguire movimenti di escursione articolare in forma attiva e passiva
Le C. coordinative sono caratterizzate dalla capacità di utilizzare forme complesse di movimento.
Molti autori sono concordi nel proporre la Soglia Anaerobica (SA) come l'indice più realistico della capacità di lavoro prolungato. Essa viene definita come l''intensità di lavoro a cui il lattato ematico raggiunge 4mM durante prove di intensità progressivamente crescente. Essa può essere determinata a partire da metodi indiretti, quali le relazioni tra produzione di CO2, ventilazione polmonare, o frequenza cardiaca, da un lato, e consumo di O2, intensità di lavoro o velocità, dall'altro.
La definizione di SA suggerisce che al di sopra dell'intensità corrispondente, l'organismo ricorre alla continua produzione di lattato per far fronte alle necessità energetiche; non rappresenta comunque il livello di transizione dal lavoro aaerobico a quello anaerobico.
Indicativamente più alta è la SA più tardiva è l'insorgenza dell'esaurimento fisico.
Si tratta di un capitolo della medicina dello sport di grande attualità; le continue osservazioni a carico del sistema immunitario ed il suo accertato coinvolgimento nel mantenimento dell'omeostasi dell'organismo lo rendono protagonista anche nelle discussioni in campo medico-sportivo.
E' ormai assodato che una pratica sportiva moderata aumenta l'efficienza del sistema immunitario sia nella modulazione che nella attivazione di sistemi effettori; l'esercizio fisico stimola infatti la fagocitosi.
La pratica sportiva ad altissimo livello, che comporta elevati stress psico-fisici, determina una condizione di immunodepressione relativa. Infatti in letteratura si possono trovare numerose pubblicazioni che evidenziano come l'aumento del carico di lavoro eleva il rischio di infezioni del tratto respiratorio superiore.
La funzionalità del sistema immunitario viene mantenuta dal corretto rapporto tra linfociti T4/T8 (helper/suppressor); tale rapporto dovrebbe essere sempre >1.5. Dopo intenso sforzo fisico prolungato questo rapporto rimane compromesso per diverse ore.
Esistono altri effetti sul sistema immunitario dell'intensa attività fisica che incidono successivamente anche su altri sistemi, primo tra tutti quello endocrino:
ridotta attività ormonale
ridotta sintesi di testosterone
ridotta concentrazione ematica di glutamina
La diminuita sintesi di testosterone può tra l'altro spiegare le brusche variazioni d'umore e i disturbi della fame negli atleti in overtraining. La ridotta produzione di glutamina determina una scarsa formazione di linfociti T helper e quindi una alterata modulazione immunitaria.
In caso di sovra-allenamento si riduce la sintesi di immunoglobuline, cala la disponibilità di aminoacidi ramificati con aumento del rapporto triptofano/aa. ramificati provocando un maggior ingresso di triptofano nel SNC (interferenze ipotalamiche).
Si tratta di un argomento che ha cominciato a destare molto interesse specialmente quando negli anni 80 si osservò come fattori psico-sociali percepiti come eventi stressanti sembrano aumentare il rischio di infezioni e tumori.
La nuova definizione di sistema immunitario lo pone come il "cervello" mobile del corpo che svolge la propria azione modulante attraverso immunotrasmettitori.
Esistono delle osservazioni favorevoli alla teoria:
in diversi organi linfatici (milza, timo, placche di Peyer, midollo osseo, linfonodi) sono presenti terminazioni nervose sia adrenergiche che colinergiche
varie proteine antigeniche del SNC sono state localizzate su immunociti
i cosiddetti neuropeptidi (POMC), endorfine ed ACTH si trovano sia nel SNC che in cellule immunitarie
Importanza particolare riveste l'Interleukina-1 (IL-1), secreta dagli immunociti.
IL-1 ha, in vivo, proprietà di termoregolazione, di controllo sul ritmo sonno-veglia e sul centro della fame-sazietà. Stimola inoltre il rilascio di ACTH e glucocorticoidi (neuro-ormoni).
Attraverso l'ipotalamo è l'artefice dell'attivazione dell'asse sistema immunitario SNC quando si presenta uno stimolo immunogeno (correlazioni tra modulazione sinaptica, plasticità neuronale e memoria).
Gli effetti dell'IL-1 dipendono dagli eicosanoidi, per attivazione della cascata dell'acido arachidonico (correlazione con ozono medicale).
Altre correlazioni esistono in materia di POMC. Si tratta di prodotti di scissione della pro-oppiomelanocortina che rivestono un ruolo decisivo nei rapporti bidirezionali tra SNC e sistema immunitario.
Le azioni principali sono:
per somministrazioni singole o di breve durata sono di tipo attivante sulla risposta immune e per somministrazioni ripetute risultano inibenti con conseguente aumento dei fenomeni infettivi e disseminazioni neoplastiche
sul sistema immunitario aumentano la chemiotassi, sono istaminoliberatori, favoriscono l'attività di cellule natural killer
aumentano la produzione di superossido con aumento di sintesi di interferoni (IFN) e di IL-2.
Gh e prolattina: stimolano la crescita del tessuto linfatico tramite l'attivazione di proto-oncogeni, che rendono le cellule linfatiche sensibili ai due ormoni.
Catecolamine: inibiscono vari fenomeni immunitari compresa l'attivazione di macrofagi e cellule neutrofile; agenti colinergici avrebbero potere opposto.
Ricordiamo infine che membrane cerebrali umane hanno recettori per l'antigene T4, il recettore per l'HIV, vi sarebbe così una base per spiegare le gravi complicanze cerebrali della malattia.
Possiamo suddividere le patologie che colpiscono il soggetto che compie attività sportive di tipo agonistico in due gruppi: le patologir direttamente collegate con lo svolgimento di sport e quelle che ne sono invece indipendenti. Queste ultime derivano dall'anamnesi del soggetto e possono essere di varia natura ma tali da non precludere lo svolgimento di sport (allergie, manifestazioni cutanee, disordini muscolari, etc.) bensì di limitarne in maniera più o meno grave l'esecuzione.
Così come è stato ampiamente dimostrato che l'attività fisica, se eseguita in modo equilibrato e congruo, migliora la qualità della vita e quindi promuove la salute, essa può essere causa di patologia se vengono meno (superati o esauriti) quegli equilibri biochimico-fisiologici che regolano l'armonico funzionamento del nostro organismo.
Senza dubbio i traumi rappresentano le principali cause di malattia per lo sportivo; lesioni di organi o apparati, anche minime a volte, determinano la comparsa di periodi di inabilità che possono a volte compromettere un periodo agonistico o nel peggiore dei casi la carriera. In questi frangenti la tempestività del trattamento terapeutico e la prosecuzione delle cure adeguate giocano un ruolo di primissimo piano nell'evoluzione del quadro iniziale.
Esistono poi delle condizioni patologiche non traumatiche legate alla quantità e qualità degli allenamenti o delle competizioni che incidono progressivamente sulle caratteristiche morfo-funzionali dell'atleta: ricordiamo ad esempio le modificazioni del sistema cardiovascolare nel ciclista (arteriopatie stenosanti, sindrome compressiva arteriosa degli arti inferiori).
Le condizioni climatiche avverse possono causare malanni a carico del sistema respiratorio (esposizione al freddo nelle uscite in bici nel periodo invernale) o scatenare patologie acute (collasso cardiovascolare) nell'atleta a rischio anamnestico per eccesso di sudorazione o per l'uso illecito di sostanze che alterano la viscosità ematica (caldo-disidratazione-emoconcentrazione e rapporti con epo).
L'uso e ancora meglio l'abuso di farmaci provoca patologie iatrogene (FANS e gastropatie) a chi è costretto ad essere in condizioni di disputare una gara anche quando, per motivi di salute o costituzionali, non ne sarebbe in grado.
Si deve citare anche il doping come forma di potenziamento dannosa ed illegale nella pratica sportiva quale causa spesso di patologie e a volte di morte. Amfetamine, steroidi, ormone della crescita ed epo sono alcune delle sostanze maggiormente incriminate come causa tristemente attuale di patologie invalidanti o addirittura mortali nell'atleta agonista.
Accanto a queste problematiche ne esistono delle altre, non meno importanti, legate a stress psicologici connessi allo svolgimento di gare o da overtraining che possono manifestarsi come delle vere e proprie sindromi caratterizzate da inappetenza, stanchezza, insonnia, etc. Non si devono dimenticare gli ultimi studi sulle cause dei disordini immunitari; si è già visto in precedenza come lo stress attraverso immunomediatori e neurotrasmettitori può determinare la comparsa di gravi condizioni patologiche.
Anche i disordini alimentari rivestono grande importanza sia per la comparsa di sintomi gastrointestinali da diete incongrue intraprese durante la competizione (diarrea da eccesso di osmolarità del contenuto gastrico) che per problemi generali dopo l'assunzione di cibi non bilanciati rispetto al consumo energetico dopo lo sforzo fisico.
Analizzando le terapie impiegate in traumatologia sportiva ci siamo occupati in modo particolare di sostanze farmacologiche.
Le terapie farmacologiche sono senza dubbio le più utilizzate; questo è dovuto alla relativa semplicità d'uso, alla diffusione sul territorio dei prodotti farmaceutici ed in ultima analisi a motivi culturali.
Esistono però dei problemi connessi alla scelta di utilizzare questa orma terapeutica, essi sono:
posologia
via di somministrazione
effetti collaterali
controindicazioni
efficacia
Non sempre è facile attuare una corretta terapia perchè esistono dei problemi posologici che non solo interessano l'esttezza dei dosaggi impiegati ma spesso la regolarità di assunzione.
La toleranza del paziente alla via di somministrazione proposta dal curante è un fattore importante e varia da soggetto a soggetto.
DI grande importanza sono gli effetti collaterali; molto noti sono i danni a carico del sistema gastrointestinale e renale da FANS (interessanti anche le interferenze con le piastrine).
Le controindicazioni e le possibili reazioni allergiche, anche crociate, chiudono la disamina di efficacia in farmacoterapia.
La terapia farmacologica più adatta va ricercata ed attuata anche in ragione del fenomeno doping.
I farmaci più utilizzati in traumatologia sportiva sono:
Questa tecnica terapeutica si avvale dell'Ozono medicale, un gas che viene utilizzato in medicina per la cura di numerose patologie.
La concentrazione della miscela di gas non sono considerate pericolose per l'organismo umano; studi di tossicologia hanno dimostrato l'assenza di quegli effetti dannosi che invece sono caratteristici dell'ozono come inquinante atmosferico.
Le vie di somministrazione, se si eccettua quella inalatoria (tossica ed irritante per l'apparato respiratorio), non prevedono reazioni avverse quando utilizzate secondo criteri scientifici.
Come risulta da una revisione bibliografica mondiale i campi di applicazione sono molteplici.
cafalee
maculopatie retiniche
patologie proctologiche
gengiviti e periodontiti
vasculopatie
infezioni congiuntivali e cheratiti
peritoniti
lipodistrofie
artrosi
ernie discali
affezioni dermatologiche
allergie
disordini del sistema immunitario
I motivi per cui questa molecola presenta utilità terapeutica sono legati ai suoi effetti biologici:
metabolici
eritrocitari
battericidi, fungicidi, virustatici
immunitari
Gli effetti metabolici (aumentata formazione di ATP, attivazione del metabolismo lipidico) producono un aumento della disponibilità energetica. Questo effetto è interessante nelle condizioni di carenza di substrati energetici come durante malattie croniche o in occasione di sforzi fisici intensi e prolungati.
L'ozono medicale determina nel globulo rosso un aumento della sua deformabilità (diminuzione della viscosità ematica) ed un maggiore effetto deossigenante (variazioni nella concentrazione intraeritrocitaria di 2,3DPG); chiara quindi la maggiore ossigenazione dei tessuti prodotta dalla terapia.
Sull'asse immunitario osserviamo come l'ozono stimola la produzione di citochine ed attiva il sistema reticolo-endoteliale (interessante il suo ruolo nelle risposte immuni e nelle condizioni di infiammazione cronica).
Il razionale per l'impiego nei problemi traumatologici riside in quattro motivi:
- miglioramento della microvascolarizzazione locale
- aumento dell'apporto di ossigeno
- aumento dell'apporto metabolico
- attivazione immunitaria (macrofagi).
Alla grande duttilità di questa metodica ed alle sue indubbie qualità terapeutiche si aggiungono le molteplici vie di somministrazione, le minime controindicazioni e gli scarsi effetti collaterali.
L'ozono medicale può essere somministrato, nelle patologie dello sport attraverso le vie:
sottocutanea
intramuscolare
intraarticolare
endovenosa (reinfusione ozonizzata)
intradiscale
La via sottocutanea è certamente la più utilizzata nella terapia delle patologie dolorose a carico di muscoli e tendini, ma anche in caso di disturbi del tono muscolare dopo intensa attività fisica associati a riduzione della perfusione tissutale (claudicatio).
Per somministrazione intramuscolare è utile nelle affezioni del rachide siano esse artrosiche o da ernia discale.
Patologie come la gonartrosi o la coxartrosi possono essere curate attraverso la somministrazione locale intra e periarticolare.
Infine nelle patologie vascolari, la terapia con ozono si avvale della somministrazione endovenosa attraverso la rapida reinfusione di sangue ozonizzato.
I campi di impiego in medicina dello sport sono innumerevoli.
Dati recenti riguardano il possibile effetto antistress di questa molecola legato all'effetto aminergico (Dopamina) e all'aumento delle concentrazioni di ATP, entrambi neurotrasmettitori eccitatori.
Interessanti per concludere i dati dell'OOT quando confrontati con il deidroepiandrosterone (DHEA): sembra infatti che l'ozono medicale ne aumenti le concentrazioni ematiche.
Le controindicazioni all'uso sono le seguenti:
turbe piastriniche
tireopatie
gravidanza
dosaggi incongrui
attrezzature obsolete e/o non controllate
Gli effetti collaterali della terapia dipendono dalla via di somministrazione; in traumatologia sportiva sono essenzialmente locali e di breve durata (lieve bruciore e modesto arrossamento dopo somministrazione cutanea, senso di peso dopo l'uso intramuscolare).
Dall'analisi di quanto esposto, possiamo affermare che la terapia con ozono medicale è interessante ed il suo uso risulta vantaggioso.
La semplicità di utilizzo, i ridotti effetti collaterali, la buina tolleranza del paziente ed il vasto campo d'impiego possono proporla come una utile alternativa terapeutica (come già risulta da studi preliminari) in medicina dello sport.
Verrà presentata una revisione dei principali campi di utilizzo della metodica in traumatologia sportiva.
Tendinopatia Achillea
Per questo studio sono stati reclutati 15 atleti provenienti da discipline sportive diverse colpiti da patologie del tendine d'Achille (diagnosi ecografica di tendinosi e tenobrositi) resistenti alle comuni terapie mediche e/o riflessiche. Tutti i pazienti sono stati trattati con Ozono medicale per via sottocutanea infiltrando entrambi i lati del tendine con 10 cc complessivi di gas alla concentrazione di 10-12 microgr/cc. La riduzione della sintomatologia a 3 mesi è risultata essere superiore all'85%.
Tendinite della cuffia dei rotatori
Studio effettuato su 22 atleti (volley) con tendinite della cuffia dei rotatori monolaterale. Abbiamo somministrato per 6 sedute (due volte la settimana) 10 cc di ozono medicale alla concentrazione di 2.5 microgr/cc per via intramuscolare peritendinea. Risultati ad un anno molto buoni.
Lombosciatalgia ed OOT
Associazione tra OOT ed agopuntura; abbiamo infiltrato con ozono medicale agopunti bilaterali relativi a schemi di trattamento standard pe rlombosciatalgia. La concentrazione utilizzata è stata di 10 microgr/cc per un totale di 3 cc per punto. Risultati buoni.
OOT intradiscale
Abbiamo somministrato, in una unica seduta, sotto guida scopica e dopo discografia con mezzo di contrasto, 3 cc di ozono intradiscale alla concentrazione di 20 microgr/cc; 3 cc sono stati iniettati in uscita a livello foraminale in uscita. Sono stati sottoposti alla tecnica 5 pazienti affetti da ernia discale sintomatica: 4 pazienti hanno avuto la risoluzione della sintomatologia entro 10 giorni dall'applicazione, un paziente è uscito dallo studio.
OOT paravertebrale per l'ernia del disco
Somministrazione di gas paravertebrale (massimo 5 cc alla concentrazione di 15 microgr/cc); abbiamo ottenuto ottimi risultati in circa l'80% dei casi ad un anno dalla terapia.
L'ozono è l'ossidante presente in più alta concentrazione nell'atmosfera inquinata; è un irritante in grado di provocare morte per edema cerebrale all'esposizione di concentrazioni elevate.
Animali di varie specie esposti a concentrazioni di ozono superiori a 1 ppm presentano bronchite cronica, fibrosi ed alterazioni di tipo enfisematoso (admur 1985).
Determina desquamazione dell'epitelio lungo tutte le vie dotate di ciglia e provoca fenomeni degenerativi nelle cellule di tipo I e rigonfiamenti o rottura dell'endotelio dei capillari alveolari (Boatman e Stephen 1974). Un'esposizione di ozono quale si può avere durante voli prolungati ad alta quota provoca respiro rapido e superficiale, diminuzione della compliance polmonare e sintomi soggettivi quali tosse, oppressione toracica e secchezza della gola (Folinsbee 1983).
L'ozono presenta un valore soglia di tossicità (TWA = 0.1) assai minore del monossido di carbonio (50) o del benzene (10). Per TWA si intende la concentrazione a cui i lavoratori possono essere esposti per una normale giornata lavorativa di 8 ore senza effetti avversi.
Per STEL si intende la massima concentrazione che non dovrebbe mai essere superata durante un periodo di 15 minuti.
Le cause della tossicità dell'ozono sono legate alla formazione, ad alte concentrazioni, di intermedi di radicali liberi reattivi (Menzel 1970).
Essi possono provenire dalla interazione con gruppi sulfidrilici da decomposizione di acidi grassi insaturi e da entrambe queste fonti.
L'ozono per inalazione determina sintomi correlati al dolore ed inibizione della massima inspirazione a causa della stimolazione di fibre C a livello delle vie aeree (Passanante et al. 1998).
L'ozono inalato ad alte concentrazioni provoca deficit neurologici quali: senso di affaticamento, letargia, cefalea e distrubi del sonno (Paz 1997).