Aggiornamento nelle malattie vascolari

RUOLO DELLA OZONOTERAPIA SISTEMICA E LOCALE NELLA TERAPIA DELLE MALATTIE VASCOLARI
Amato Dr. Giuseppe - Terapia Antalgica - Ospedale De Gironcoli - Conegliano Veneto (TV)

Nell'ambito di questo corso mi è stato l'incarico di parlarvi del ruolo dell'ozono nella terapia della varie malattie vascolari e delle varie tecniche con cui questo gas può essere utilizzato. Io intendo dividere questa lezione in varie parti facendo dapprima una introduzione sul meccanismo d'azione dell'ozono a livello dell'apparato circolatorio e sulle varie modalità di somministrazione mentre successivamente vi riferirò della mia personale esperienza nella terapia delle vasculopatie arteriose e venose e delle ulcere vascolari. Quanto vi dirò è il frutto di 7-8 anni di attività durante i quali ho praticato circa 15000 grandi autoemoterapie ozonizzate per le più svariate patologie (arteriopatie, flebopatie, herpes zoster, epatite virale, psoriasi, cellulite, s. depressive) e circa 1000 trattamenti locali per ulcere vascolari. Alla luce di questa ricca esperienza ritengo di poter dire con ragionevole certezza che l'ozonoterapia, se praticata con la dovuta attenzione, è una tecnica sicura, scevra da effetti collaterali e capace di gratificare ampiamente il medico ed il paziente per i brillanti risultati che permette di ottenere. Tralascierò volutamente di addentrarmi a fondo nella biochimica dell'ozono dato che illustri colleghi vi parleranno di quest'aspetto e rivolgerò quindi la mia attenzione all'aspetto eminentemente clinico della metodica. Trattandosi di un corso di aggiornamento ritengo fondamentale aprire, al termine della lezione o, se lo ritenete più proficuo, durante la stessa, la discussione allo scopo di chiarire meglio punti poco chiari o dubbi che possano sorgere in voi.
Concludo questa breve introduzione invitando caldamente tutti coloro che desiderano dedicarsi a tale terapia di iniziarla solo dopo aver frequentato quei centri dove la stessa venga praticata allo scopo di apprenderne la corretta esecuzione e di conoscerne a fondo le indicazioni e gli effetti collaterali: questo per evitare il verificarsi di incidenti o un suo uso in situazioni improprie, fatti questi che, oltre che danneggiare il singolo medico, diminuirebbero la credibilità della metodica sia presso i nostri pazienti che presso la classe medica vanificando quanto in questi anni si è fatto per darle dignità scientifica. Ricordo a tal proposito che esistono per le vaie patologie dei protocolli, in parte conclusi ed in parte tuttora in corso, accettati dal ministero della sanità e a questi raccomando vivamente di attenersi sia per poter confrontare i risultati ottenuti nei vari centri sia per una tutela di natura legale.

L'ozono è un gas incoloroe, stato allotropico dell'ossigeno, con un peso molecolare maggiore di quello dell'ossigeno, di odore fortemente pungente tanto che da questa sua caratteristica deriva il suo nome dal greco "ozo" mando odore. Conosciuto da più di 150 anni ha cominciato ad essere usato in medicina nei primi anni del 1900 con insufflazioni intestinali per la peritonite tubercolare e per la disinfezione delle ferite di guerra a da allora si sono fatti sempre più numerosi i lavori in cui tale gas è stato usato per diverse vie, sottocutanea, endovenosa, intrarticolare.

L'ozono è un componente naturale dell'atmosfera e si forma nella stratosfera a 30 Km di altezza per azione dei raggi ultravioletti del sole sull'ossigeno secondo la reazione:

3 molecole di O2 ---> 2 molecole di O3
reazione peraltro reversibile sempre ad opera dei raggi ultravioletti.

La proprietà di assorbire i raggi UV rende l'ozono fondamentale per la vita sulla terra in quanto in grado di filtrare tali radiazioni che hanno il potere di denaturare le proteine. L'ozono si forma anche dall'ossido nitroso abbondante nell'aria in situazioni di smog ed dosandone le concentrazioni nell'aria si può avere un'idea del livello d'inquinamento. Da notare che l'ozono è un gas fortemente instabile e tende a decomporsi in funzione della temperatura per cui per il suo uso in medicina deve essere preparato ed utilizzato immediatamente il che può essere ottenuto con dei generatori di ozono.
L'ozono è un gas fortemente ossidante e forma in presenza di acqua dei perossidi in una concentrazione che è funzione della quantità di ozono somministrata;esso ha una diversa affinità per i vari substrati e solo dopo l'esaurimento del substrato per cui il gas ha maggiore affinità, viene attaccato il secondo substrato e così di seguito a cascata. Sappiamo inoltre che l'ozono ha una azione diretta su diversi coenzimi impegnati nel metabolismo di glucidi, lipidi e protidi per cui è in grado d'intervenire in maniera positiva o negativa sui vari componenti del nostro corpo. Dato l'argomento di questa nostra lezione ci soffermeremo in particolare sulle varie reazioni che vengono provocate dal gas nei vari componenti del sangue distinguendo quelle a carico del parte corpuscolata da quelle sul plasma.

Noi sappiamo che la membrana dei globuli rossi ha una componente fosfolipidica e su questa l'ozono determina un processo di perossidazione con aumento della carica negativa della loro membrana. Rokitansky ha evidenziato inoltre un accorciamento delle catene lipidiche con effetto di "rilasciamento" della membrana stessa, fenomeno che portato all'estremo usando concentrazioni di O3 superiori a 100 µg/ml danneggia la membrana stessa.

I due fenomeni suddetti, rilasciamento ed aumento delle cariche negative di superficie, determinano una riduzione dell'impilamento dei GR ed aumentano la loro deformabilità a tutto vantaggio della viscosità ematica che si riduce nettamente con un miglioramento del flusso ematico nel microcircolo. Tale azione sui globuli rossi è evidenziata anche da una diminuzione della VES quando questa è elevata. Un problema strettamente connesso con l'azione sugli eritrociti è quello della emolisi.
Esiste inoltre un altra azione dell'ozono sui GR e precisamente quella che viene definita "meccanismo eritrocitario indiretto" per cui si ha una aumento del numero dei globuli rossi stessi per uno stimolo sulla eritropoiesi.

Assai importante sempre è poi l'azione sulla glicolisi che viene accelerata all'interno degli eritrociti grazie all'ossidazione del coenzima NADH a NAD con aumento del 2-3DPG e dell'ATP intraeritrocitario e conseguente spostamento a dx della curva di dissociazione dell'HbO2: ciò determina a sua volta una miglior cessione di O2 ai tessuti come evidenzia una riduzione della pO2 venosa ed un aumento dell differenza arterovenosa di O2. Tale fenomeno prende il nome di "meccanismo eritrocitario diretto".

Plasma.

A livello plasmatico l'ozono si scioglie, come tutti i gas, in funzione della propria pressione parziale (legge di Henry) e qui esercita una azione sul metabolismo del colesterolo, dei trigliceridi e del glucosio con diminuzine di tali sostanze. Ovviamente l'ozono può produrre anche effetti tossici ma di questi vi parleranno o vi hanno già parlato altri colleghi: mi limiterò soltanto a ricordare che nel nostro organismo abbiamo una molteplicità di sostanze antiossidanti che sono in grado di bloccare rapidamente l'eventuale formazione in eccesso di perossidi che possono essere tossici. Molta della tossicità attribuita all'ozono trova la sua spiegazione nel fatto che i primi studi furono fatti in vitro dove non esiste la riserva di sost. antiossidanti presenti invece in vivo e capaci di bloccare i radicali liberi dell'ossigeno.

Vediamo ora le varie vie di somministrazione del gas.

Applicazione locale.

Questa rappresenta la metodica più antica e, tutto considerato, ancora oggi la più "artigianale" e quella di più difficile gestione dal momento che comporta un inquinamento dell'ambiente in cui si opera. Il trattamento sarà diverso se si deve trattare un canale fistoloso o una lesione trofica della cute.
Nel primo caso si ricorre alla iniezione del gas nel tragitto mediante un ago di varia lunghezza e calibro, bottonuto o no, introdotto nella lesione: la concentrazione del gas potrà essere elevata, 80-100 µg/ml, se si vuole ottenere un effetto di disinfezione specie nelle prime somministrazioni, molto più bassa, 15-30 µg/ml, se si vuole avere una azione di cicatrizzazione. E' sempre meglio bagnare la lesione con soluzione fisiologica o acqua bidistillata prima della somministrazione del gas dato che l'ozono non agisce in ambiente secco.
Se dobbiamo trattare una ulcera o una piaga possiamo usare quattro tecniche:
a) quella del sacchetto
b) quella del cilindro
c) quelle della campana
d) l'infiltrazione perilesionale
e) bagni ozonizzati
Questa ultima metodica si realizza immergendo l'arto in una bacinella dove gorgoglia ozono a bassa pressione e a piccole bollicine per aumentare la superficie di contatto.

DESCRIZIONE DELLE METODICHE

Personalmente io utilizzo soprattutto la tecnica del sacchetto che è certamente quella di più facile gestione e i risultati sono piuttosto soddisfacenti: da notare però che in questi pazienti associamo sempre la grande autoemoterapia.

Somministrazione endovascolare

Questa può avvenire secondo quattro modalità:
A) piccola autoemoterapia ozonizzata
B) grande autoemoterapia ozonizzata
C) somministrazione endoarteriosa diretta
D) somministrazione endovenosa diretta

A

Questa si può eseguire con due siringhe contenenti l'una 10 ml di sangue venoso e l'altra 20 ml di ozono collegate tra loro tramite un tubicino di gomma: si trasferisce l'ozono nella siringa contenente il sangue, si miscela fino ad ottenere un colore rosso rutilante e successivamente si reinnietta il sangue per via intramuscolare. Una semplificazione si può ottenere aspirando in una siringa da 20 ml contenente 10 ml di ozono, 10 ml di sangue e successiva somministrazione dopo aver miscelato abbondantemente.

B

Tale tecnica che è la più utilizzata nella nostra numerosissima casistica (circa 15. 000 grandi autoemo in 8 anni di attività) è estremamente agevole e pratica avendo come unica difficoltà o controindicazione la impossibilità a reperire vene di calibro adeguato.

Il primo passo di questa tecnica è la raccolta di sangue che si fa con flaconi sottovuoto per ozonoterapia a cui avremo aggiunto anticoagulante in base alla quantità di sangue che prevediamo di prelevare. Il rapporto ottimale è di 7 ml di sangue per 1 ml di anticoagulante per cui dovremo dosare la quantità di anticoagulante con una siringa. Successivamente si provvederà al prelievo tramite l'apposito deflussore collegato con il flacone. E' consigliabile bagnare tutta la via di prelievo con l'anticoagulante preventivamente. Raccolta la quantità di sangue voluta si iniettano nel flacone 100-120 ml di ozono alla concentrazione di 30-40 µg/ml per un totale di 3500-4000 µg di ozono per seduta. Si miscela lentamente per qualche minuto e durante tale fase si assisterà al cambiamento di colore del sangue che diventerà rosso vivo simile a quello arterioso. Si procede allora alla reinfusione che deve avvenire in 10-15 min. Durante tale fase quasi tutti i malati riferiscono un formicolio alla lingua e alla regione periorale che è indice a mio parere di una velocità di infusione eccessiva più che di una transitoria ipocalcemia dovuta all'azione chelante il calcio dell'an- ticoagulante.

C

Si tratta in questo caso d'iniettare direttamente nell'arteria del gas in modo molto lento. Personalmente ho usato tale tecnica solo una volta in occasione in cui ho dovuto trattare una osteomielite di un dito di una mano, ma in accordo con la letteratura preferisco sempre la grande autoemoterapia ozonizzata. Esistono infatti delle difficoltà tecniche che vanno dal rischio d'iniezione extravascolare con dolore locale e irritazione del nervo femorale, allo spasmo dell'arteria, alla lesione della parete dell'arteria che spesso è calcifica e da cui possono partire con le ripetute iniezioni emboli calcifici.

D

Tale metodica prevede l'introduzione diretta in vena di una certa quantità di miscela di O2-O3 che sappiamo essere molto solubile per cui viene minimizzato il rischio di embolia. Tuttavia, il pericolo di incidenti e di effetti collaterali vari che vanno dalla tosse al dolore retrosternale, dalla ambliopia alla paresi degli arti da ischemia cerebrale, rende tale metodica sconsi- gliabile anche se gli stessi sono per lo più transitori e in considerazione del fatto che i risultati non sono affatto superiori a quelli ottenibili con la più sicura grande autoemoterapia.

L'iniezione comunque deve essere anche qui molto lenta, dopo aver applicato un laccio o addirittura uno stretto tourniquet a pressione tale da far scomparire i polsi arteriosi;la sede dell'iniezione deve essere più distale possibile rispetto al laccio in quanto così è molto minore il pericolo che una dose massiva di gas superi il laccio stesso. Altre precauzioni sono quella di ricercare un gorgoglio a livello del laccio, il che è indice di fuga del gas verso il centro, e quella di esercitare una spremitura delle vene in senso centrifugo prima di togliere il laccio allo scopo di far diffondere meglio il gas.

Esaurita questa parte introduttiva generale vediamo ora i risultati ottenuti nel nostro centro nella terapia delle malattie vascolari arteriose e venose e delle ulcere vascolari che sono stati oggetti di comunicazioni a vari congressi nazionali e di pubblicazioni varie.


VALUTAZIONE DELLA EFFICACIA DELL'OZONOTERAPIA NELLE ARTERIOPATIE CRONICHE OSTRUTTIVE DEGLI ARTI INFERIORI

Col termine di arteriopatie croniche ostruttive si indicano tutte quelle forme morbose caratterizzate da un lento processo di occlusione del lume dei vasi arteriosi degli arti inferiori.
I fattori di rischio della malattia obliterante come a voi tutti noto sono: ne consegue che le patologie più frequentemente chiamate in causa sono: Quale che sia la causa, l'occlusione di un'arteria provoce delle modificazioni emodinamiche in tutto il distretto vascolare con caduta della pressione distale e comparsa di un gradiente pressorio tra il territorio a monte e quello a valle dell'ostruzione medesima. Tale gradiente è la causa fondamentale della formazione di un circolo collaterale che ha lo scopo di mantenere una perfusione adeguata: purtroppo però ciò non sempre si verifica ed allora si ha la comparsa di quella che viene definita Ischemia Critica degli Arti Inferiori (ICL).
L'íschemia critica degli arti inferiori (ICL) e' una sindrome caratterizzata da ridotta perfusione degli arti inferiori che esita nella sua forma piu' grave in amputazioni minori o maggiori degli arti interessati.
Essa può essere definita come una ischemia persistente con dolori a riposo che necessitino di un trattamento analgesico per più di due settimane e una pressione sistolica inferiore a 50 mm di Hg alla caviglia e a 30 mm alle dita, oppure come una ischemia che abbia determinato delle ulcerazioni o la gangrena del piede o di un dito sempre con i levelli pressori suddetti.
Uno studio inglese ha messo in evidenza come un anno dopo l'instaurarsi della ICL il 25% dei pazienti vada incontro ad un'amputazione: solo un intervento precoce e multifattoriale puo' rallentare la evoluzione della sindrome e garantire una buona qualita' di vita a questi pazienti. I progressi compiuti negli ultimi venti anni dalla chirurgia vascolare e dall'anestesia, sia per quanto riguarda le tecniche operatorie che i materiali, hanno reso possibile interventi ritenuti per molto tempo irrealizzabili: ciò nonostante molti sono ancora oggi i pazienti non suscettibili d'intervento chirurgico o per le condizioni generali o per la situazione locale e per costoro la terapia medica, atta da un lato al controllo dei fattori di rischio dall'altro ad ottenere un miglioramento della perfusione tissutale, mantiene tutta la sua importanza.
Tuttavia ancora nel 1989 Dormandy scriveva ''.... no genuinely appropriata immediate treatment'' e tutt'oggí esistono molte controversie sulla terapia della sindrome ischemica anche se la definizione di ICL data in occasione dell'European Consensus Meeting on Critical Limb Ischemia del 1990 ha apportato una maggior chiarezza nell'ínquadramento delle arteriopatie.
Nelle fasi inizialí della malattia cio' che porta il paziente dal medico sono disturbi vaghi quali il colorito cutaneo pallido-cianotico, i crampi ai polpaccí, le turbe trofiche con caduta dei peli delle gambe, le lesioni periungueali, il lento accrescimento delle unghie stesse, ma soprattutto la claudicatio che compare per sforzi progressivamente minori fino ad imporre nelle forme piu' avanzate un immediato arresto della deambulazione.
Senza voler qui entrare nella fisiopatologia della sindrome mi limiterò sinteticaniente a ricordare che nella insufficienza arteriosa periferica abbiamo una riduzione della portata ematica di uno od entrambi gli arti: la portata e' funzione di diversi fattori condensati nella formula di Poiseuille

DP x * x r4

Q=-----------

8 x l x $


dove DP=differenza di pressione
*=p greco costante
r=raggio del vaso
l=lunghezza del vaso
$=viscosità ematica

Il risultato finale delle modificazioni micro e macrocircolatorie e' una ipossia tissutale e cellulare tanto maggiore quanto maggiore e' la discrepanza tra domanda ed offerta di ossigeno e conseguente aumento dell'acido lattico, aumento degli ioni H+ e K+, riduzione dell'ATP e del 2-3 DPG, liberazione dei mediatori del dolore come PG, Bk .
Gli obiettivi principali della terapia sono quelli di rallentare la progressione della malattia e di migliorare la qualita' di vita del paziente aumentando la perfusíone tissutale. Date le premesse, per anni si è fatto ricorso ai cosiddetti vasodilatatori nella speranza di aumentare l'r del numeratore ma, con l'evoluzione delle metodologie, ci si e' resi conto che modíficare il raggio di arterie malate era impossibile assistendosi anzi a fenomeni di furto a vantaggio di distretti meno compromessi a scapito di altri piu' malati. L'attenzione si e' quindi rivolta alla $ del denominatore e si e' quindi sviluppata tutta la terapia emoreologica atta cioe' a migliorare la viscosita' ematica nel microcircolo.
Anche il nostro gruppo e' orientato in tal senso e da tre anni ormai utilizziamo nei nostri pazienti l'ozonoterapia mediante autoemoterapia. Quali siano i presupposti di tale terapia è stato gia discusso nella prima parte della lezione ed appare allora evidente che la terapia con ozono, che è in condizione di migliorare le caratteristiche reologiche del sangue, dovrebbe essere indicata nella cura della arteriopatie ostruttive.
In effetti la nostra esperienza è stata più che positiva e vogliamo qui riferire i risultati ottenuti in tre anni di attività durante i quali abbiamo sottoposto a cicli di ozonoterapia mediante la tecnica della autoemo terapia più di 300 pazienti affetti da ischemia critica degli arti inferiori caratterizzata da dolori a tipo claudicatio dopo un percorso variabile tra i 200 e i 350 metri.
Abbiamo deliberatamente scelto di monitorizzare solo le variazioni della distanza di marcia senza comparsa di dolore per due motivi:
-uno proprio perché questo era il sintomo che maggiormente preoccupava i malati che pure già erano in trattamento con vari farmaci,
-due perchè nei casi più gravi con lesioni trofiche associamo sempre il blocco del simpatico mediante peridurale continua. Tale associazione che da molti anni ci permette di ottenere lusinghieri successi avrebbe reso più difficile comprendere quanto era da attribuirsi all'ozono e quanto al blocco del simpatico;né sarebbe stato eticamente corretto privare i pazienti di un trattamento ormai ben codificato e di notevole efficacia.

CASISTICA E METODICA

Oggetto di questo studio sono stati 340 malati, maschi e femmine, affetti da arteriopatie periferiche al II stadio, tutti in terapia con farmaci emoreologici di vario tipo ma con risultati piuttosto deludenti. I pazienti sono stati divisi in tre gruppi in base alla lunghezza del percorso necessario per ottenere l'insorgenza del classico dolore crampiforme e precisamente:

gruppo A: quelli con claudicatio compresa tra 200 e 250 metri, 90 paz.
gruppo B: quelli con claudicatio compresa tra 250 e 300 metri, 110 paz,
gruppo C: quelli con claudicatio compresa tra 300 e 350 metri, 140 paz.

Lo studio e' stato organizzato in cinque visíte: la prima basale, la seconda e la terza rispettivamente dopo 15 e 30 gg, la quarta e la quinta dopo 30 e 60 giorni dall'ultima autoemoterapia
Nella prima visita viene determinata e confermata la presenza della patologia per mezzo di un esame obiettivo e di esami clinici e strumentali (treadmíll), viene indagata l'assenza o la coesistenza di patologie e terapie concomitanti, ricercata la presenza dei fattori di rischio, effettuata la valutazíone di alcuni esami ematochimici.
Successivamente il paziente viene sottoposto a 10 sedute di ozonoterapia mediante autoemoterapia, alla frequenza di 3 sedute settimanali a giorni alterni.
Dopo 15 giorni cioè più o meno a metà ciclo il paziente viene sottoposto nuovamente a visita medica con la prova del tapis roulant e vengono annotate la comparsa o meno del dolore, l'intervallo di marcia libero prima della comparsa della claudicatio, il suo aumento o la sua diminuzione in percentuale rispetto all'inizio della terapia.
Lo stesso avviene dopo 30 giorni, cioè al termine del ciclo e dopo altri 30 giorni;dopo 2 mesi dall'ultima autoemoterapia si procede ad una nuova valutazione delle condizioni del paziente e si praticano altre due sedute che consideriamo " di mantenimento ".
Vengono inoltre annotati nella cartella del paziente eventuali effetti collaterali o reazioni indesiderate.

RISULTATI

Come possiamo osservare dalle tabella e dai grafici abbiamo avuto in tutti i pazienti un netto miglioramento del percorso di marcia libero da dolore in tutti i pazienti con un aumento che va da un minimo del 30% ad un massimo del 50%. Per la precisione abbiamo distinto i risultati in: Più dettagliatamente abbiamo avuto: e questo ben si comprende se si tiene conto del fatto che la situazione clinica e anatomopatologica di partenza era assai più compromessa nei pazienti rispettivamente dei gruppi A e B rispetto a quella dei malati del gruppo C che già al tempo zero avevano una maggior autonomia di marcia.
Degno di nota il fatto che tutti i pazienti sottoposti a terapia hanno dichiarato, indipendentemente dal risultato sulla claudicatio, di "non essersi mai sentiti così bene": tale significativo miglioramento della cenestesi è da attribuirsi, a nostro parere, ad un aumento della perfusione e della ossigenazione di tutti gli organi.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali ci sentiamo di poter affermare con assoluta certezza che se la reinfusione viene eseguita in maniera corretta (paziente in posizione supina, velocità d'infusione abbastanza lenta) non si hanno effetti spiacevoli degni di nota se si esclude un sensazione di formicolio periorale peraltro di brevissima durata.

Ci sembra opportuno e doveroso sottolineare, verso chi intende avvicinarsi all'ozonoterapia mediante autoemoterapia, che si possono avere delle reazioni vagali con bradicardia, nausea, sudorazione fino a vere crisi lipotimiche che devono essere tempestivamente diagnosticate e trattate adeguatamente per evitare più gravi complicazioni;si tratta comunque di effetti da imputarsi non all'ozono ma alla esecuzione in soggetti paurosi delle manovre della venipuntura e del prelievo del sangue.

CONCLUSIONI

Alla luce dei risultati di questo nostro studio e della bibliografia esistente riteniamo di poter dire che l'ozonoterapia con autoemoterapia è una metodica utile ed efficace nella terapia delle arteriopatie obliteranti degli arti inferiori. Essa non si contrappone ovviamente alle tecniche chirurgiche che sono ovviamente in grado, quando possibile attuarle, di meglio risolvere le sindromi ischemiche ma rappresenta
- un completamento di queste migliorando le caratteristiche del sangue che diviene così più fluido e scorrevole.
Rispetto alle terapie mediche poi ha numerosi vantaggi e precisamente
- di essere assai meno costosa,
- meno pesante per il paziente che spesso usa già molti altri farmaci per altre patologie, e ancora,
- molto più duratura nel tempo se si usa l'accortezza di ripetere ogni 40- 60 giorni due sedute.
Invito quindi tutti i colleghi che affrontano quotidianamente il dolore di origine vascolare a provare tale metodica relativamente ancora poco nota: sono certo che in breve tempo molti avranno per essa lo stesso entusiasmo che ho io dopo cinque anni di attività e i molti colleghi che dopo essere venuti nel mio ospedale hanno cominciato a praticare tale terapia.


VALUTAZIONE DELLA EFFICACIA DELLA OZONOTERAPIA NELLE TRATTAMENTO DELLE FLEBOPATIE CRONICHE DEGLI ARTI INFERIORI.

Nell'ambito delle malattie vascolari degli arti un posto ben preciso e' occupato dalle flebopatie intese come affezioni a carico dei vasi venosi, a patogenesi complessa e oggetto ancor oggi di terapie chirurgiche e mediche le più varie e se l'intervento chirurgico puo' essere veramente risolutore in molti casi, come ad esempio per le varici, non altrettanto soddisfacenti sono i risultati delle terapie mediche che quasi mai portano alla guarigione totale e che si basano su farmaci antiinfiammatori, fibrinolitici, anticoagulanti somministrati per via locale o generale. Tra le terapie conservative trova, a nostro parere, una sua precisa collocazione la ozonoterapia mediante la grande autoemoterapia. Vogliamo qui riferire i risultati da noi ottenuti in 80 pazienti, affetti da una sintomatologia varia a carico degli arti inferiori originata da una patologia dei vasi venosi. Anche in questo caso Vi ricordo le premesse teoriche sulle azioni emoreologiche dell'ozono per cui appare logico un suo utilizzo nella terapia delle flebopatie.

MATERIALI E METODI

Cercando una conferma clinica a queste conoscenze teoriche, abbiamo voluto trattare 80 pazienti, 15 maschi e 65 femmine, di eta' compresa tra i 40 e gli 80 anni, affetti da una sintomatologia a carico degli arti inferiori costituita soggettivamente da: e oggettivamente da: Gli esami strumentali spesso sono stati del tutto negativi per cui i pazienti venivano nel nostro ambulatorio di terapia del dolore proprio per la sintomatologia algica che ne comprometteva in misura notevole la qualita' di vita. Si trattava quindi di un tipo di patologia inquadrabile come sindrome post-flebitica, anche se in molti pazienti non era possibile trovare anamnesticamente il processo flebitico, o come microangioastenia da ortostatismo o ancora piu' genericamente come insufficienza venosa. Tutti i pazienti erano in terapia con i soliti prodotti ma i risultati ottenuti con tali terapie croniche non erano affatto soddisfacenti per cui abbiamo proposto loro un ciclo di terapia con ozono con la tecnica della auto-emoterapia. La tecnica della grande autoemoterapia è stata già descritta cosi come del tutto simile è stato il numero delle sedute effettuate da ogni paziente,

RISULTATI

Abbiamo riportato i risultati ottenuti distinguendoli arbitrariamente in: Il miglioramento clinico compare gia' dopo le prime 3-4 sedute e se vengono ripetute due sedute ogni 30-60 giorni si mantiene nel tempo con grande soddisfazione dei pazienti. Ci pare importante anche segnalare la "sensazione di benessere generale" che i pazienti ci hanno riferito in gran numero: cio'a nostro parere si puo' attribuire al miglioramento della circolazione di tutti gli organi ed apparati dell'organismo.
Degna di nota infine e` la pressoche' totale assenza di effetti collaterali, se si eccettuano alcuni casi di lipotimia transitoria da paura e un paio di pazienti che hanno avuto un rialzo febbrile dovuto forse all'eparina.

CONCLUSIONI

Alla luce dei risultati di questo nostro studio e della bibliografia esistente riteniamo di poter dire che l'ozonoterapia e` una metodica utile ed efficace nel trattamento delle flebopatie di varia gravita' rappresentando in alcuni casi una valida terapia di supporto all'intervento chirurgico, in molti altri non idonei ad una terapia chirurgica, una terapia conservativa in grado di consentire ai malati una importante remissione della malattia ed una eccellente qualita' di vita.

NOSTRA ESPERIENZA NELLE ULCERE VASCOLARI

Le ulcere vascolari degli arti inferiori rappresentano una patologia di interesse multidisciplinare coinvolgendo numerosi specialisti che sono impegnati nel trattamento di tali lesioni la cui storia evolutiva è caratterizzata da decorso cronico ed ingravescente, da facile recidiva, da una prognosi quoad valetudinem severa con pesanti ripercussioni sulla attività lavorativa e sulla vita di relazione con pesanti costi sociali.
Per ulcera s´intende la perdita di sostanza legata a modificazioni emodinamiche, emoreologiche e coagulative: nella sua genesi è fondamentale l´impegno del microcircolo che può essere primitivo o secondario e che determina una compromissione del trofismo tissutale.
Le ulcere rappresentano spesso l'epifenomeno di numerose patologie che hanno alla base un insufficiente apporto ematico con conseguente ipossia e infezione. La ossimetria trancutanea ha evidenziato infatti che a livello delle lesioni vasculopatiche la pO2 arriva a livelli di 5-10 mm di Hg cioè a livelli incompatibili con la vita delle cellule, fondamentale per le neoformazione vascolare. Inoltre i leucociti proliferano e svolgono la loro attività fagocitica a pO2 di 30-40 mm di Hg. E' evidente che una situazione di ipossia facilita la scarsa ttività dei leucociti con pericolo d'infezione. Anche la sintesi del collageno a partenza dai fibroblasti non può prescindere dall'ossigeno che è essenziale affinchè il collegene ottimale si formi partendo da una tripletta di aminoacidi idrossilati solo in presenza di ossigeno. In condizioni di ipossia quindi si forma un collagene non maturo e quindi poco stabile. Concludendo possiamo dire che una terapia che migliora l'ossigenazione tissutale è in condizione di favorire la chiusura delle ulcere.
La terapia, nonostante gli innumerevoli presidi farmacologici e fisici, resta ancora un problema di non facile soluzione e interssa sia i fattori sistemici che quelli locali.
Dal punto di vista statistico possiamo dire che secondo numerosi studi le ulcere trofiche degli arti inferiori interessano una percentuale pari all´1-3% della popolazione con punte del 5% nei soggetti oltre i 60 anni. Le cause più comuni sono le flebopatie in senso lato, le arteriopatie, il diabete con la sua microangio-neuropatia e la sua tendenza alle infezioni. Le sedi più colpite in ordine di frequenza sono la faccia mediale della caviglia seguita dalla faccia laterale, quella anteriore e quella posteriore, il polpaccio e i piedi. La durata media di un ulcera è di circa 26 settimane, con un range variabile tra 4 e i 30 anni e assai frequente è la recidiva. Il costo di tale patologia è pari secondo uno studio inglese ad un cifra variabile tra le 200 e le 2000 sterline con una spesa globale sociale di 150 milioni di sterline l'anno. Gli specialisti impegnati nella terapia delle ulcere sono molti e comprendono internisti, chirurghi, dermatologi, geriatri e ortopedici.
Senza voler entrare nella fisiopatologia delle ulcere trofiche ricordiamo molto schematicamente che il processo di cicatrizzazione comporta un fenomeno infiammatorio con migrazione cellulare, neovascolarizzazione e rigenerazione;la riparazione cellulare è regolata da vari fattori peptidici che agiscono come stimolatori e come inbitori e che giungono nella sede della lesione tramite la vascolarizzazione del tessuto. Tale considerazione fa assumere un ruolo importante alla detersione del fondo e alla cruentazione dei margini al fine di promuovere microemorragie e di attivare l´apporto ematico dei fattori di crescita che sappiamo essere contenuti nei granuli delle piastrine e essere prodotti da parte dei macrofagi.
Fondamentale è l'osservazione delle caratteristiche dell'ulcera al fine di prevedere il suo iter evolutivo per cui dovremo fare un identikit della lesione in base alla: La SEDE ci dá una idea della etiologia: venosa se l'ulcera è perimalleolare, ipertensiva se la sede è la faccia latero-esterna del terzo medio-inferiore della gamba, arteriosclerotica se la sede è distale come le dita o la testa dei metatarsi.
La FORMA ci può suggerire un'origine vasculitica se a stampo netto e regolare, un origine traumatica se con angoli acuti.
La GRANDEZZA può variare da forme lenticolari a fagedeniche molto ampie per una massiccio impegno del microcircolo.
Il NUMERO sarà elevato se la causa è una microangiopatia, mentre una lesione unica farà pensare ad una macroangiopatia.
I MARGINI suggeriscono l'epoca d'insorgenza e la fase evolutiva della lesione. Se questi sono degradanti e piani sono espressione di un buon processo di riparazione, se introflessi e rilevati fanno pensare ad una cronicità e ad una fase di stallo nella cicatrizzazione, se frastagliati indicano la confluenza di più lesioni, se sottominati esprimono una componente infettiva.
Il FONDO è un elemento molto importante e il suo colorito esprimerà una grave componente ischemica se roseo-pallido, se cianotico una congestione venosa, se giallo-verdastro una contaminazione batterica, se rosso vivo una rigenerazione efficace in atto.
Anche la situazione della CUTE e DEGLI ANNESSI periulcerativi ci daranno informazioni sul trofismo della cute e sulla sua ossigenazione.
Vediamo ora sinteticamente quali alterazioni stanno alla base dei vari tipi di ulcere al fine di capire quale è il razionale di una terapia con l'ozono.

ULCERE VENOSE

Sono soluzioni di continuo delle gambe a evoluzione cronica ingravescente, più o meno profonde sostenute da una condizione di ipertensione venosa secondaria a malattia varicosa o a trombosi venosa.
Il primum movens è rappresentato da una ipertensione venosa cronica (IVC) che si ripercuote sulle strutture microvasali con conseguente rallentamento circolatorio e modificazioni strutturali e funzionali. Per la contrazione riflessa degli sfinteri precapillari di certi distretti e l´apertura di AVA di altri, il tutto finalizzato a compensare il sovraccarico circolatorio esistente, si realizza l´esclusione di molti capillari nutrizionali con ipossia tissutale grave.
Anche la parte corpuscolata va incontro a modificazioni che sono a carico dei Da tutto quanto sopradetto deriva una ipossia tissutale aggravata poi dalla formazione di manicotti di fibrina perivascolari originati dal fibrinogeno fuoriuscito dai vasi per l'aumentata permeabilità vascolare. In definitiva in questa situazione arriva nei tessuti poco ossigeno per l'alterata condizione emodinamica e quel poco viene ceduto con difficoltà per il conglutinamento delle emazie, per l'edema e i manicotti di fibrina perivascolari.


ULCERE ARTERIOSE in caso di AOCP.

Si possono definire come lesioni trofiche che colpiscono soggetti con arteriopatia obliterante cronica su base arteriosclerotica. Esse compaiono quando si verfica un decremento di flusso superiore al 50%, condizione in cui non sono più possibili compensi ad opera del microcircolo per cui viene ad essere compromesso il precario equilibrio emodinamico. Gli stessi meccanismi di compenso, innescati nel tentativo vano di superare la situazione ischemica, finiscono per realizzare un furto a carico del distretto ischemico dovuto alla apertura di circoli collaterali nelle aree limitrofe in cui è possibile una vasodilatazione. L'ipossia inoltre determina la comparsa di metaboliti che causano una vasoparalisi che si somma alla esclusione di capillari occlusi da tappi di cellule ematiche, all'edema tissutale, ai manicotti di fibrina. La cellula endoteliale danneggiata dalla ipossia si rigonfia, non riesce più a regolare la bilancia emostatica, perde la sua capacità di filtro, non mantiene più il fisiologico equilibrio tra fattori pro e fattori anticoagulazione: tutto ciò spinge verso un aumento delle trombosi con una sempre più estesa esclusione di capillari. Alla fine si avrà una grave maldistribuzione del flusso ematico con grave ipossia e turbe del trofismo tissutale.
Altri fattori che intervengono ad aggravare la perfusione sono il precario passaggio degli elementi corpuscolati attraverso le ultime diramazioni vascolari, l'intrappolamento dei GR divenuti meno flesibili nei microvasi, l'adesione delle piastrine e dei globuli bianchi a formare dei tappi nei capillari ancora pervi.
Compaiono allora le lesioni ulcerose specie in zone distali ove maggiori sono i deficit irritativi e più gravi i danni da traumi anche minimi.

ULCERE IN MALATTIA DI BURGER

Sono complicanze trofiche cutanee legate a deficit irrorativo per processi flogistico-trombotici a carico delle arterie di medio e piccolo calibro e marginalmene delle vene degli arti, in soggetti giovani, fori fumatori, specie di sesso maschile e con note di predisposizione al vasospsasmo.
In questi pazienti esistono:

Il fattore che pià scatena il vasospasmo è il tabacco che si ritrova sempre nella storia del paziente e che ci spiega il motivo per cui si vedono sempre più spesso donne fumatrici con Burger.
Vediamo dunque quali sono i meccanismi di azione del tabacco: Sembra inoltre che questi pazienti abbiano contratto infezioni da rickettsie come dimostra un elevato titolo anticorpale
Qualunque sia la causa scatenante, immunologica, tossica o infettiva si instaura un processo flogistico parietale (angioite) che può estendersi a tutto spessore sino ad interessare da una parte il versante avventiziale con fibrosi e dall'altra quello luminale (trombo) che conduce a un restringimento dele lume vascolare (sclerosi obliterante). Il compenso emodinamico è possibile nelle prime fasi della malattia ma l'evoluzione del processo angioitico e sclerotico rende tale compenso sempre più precario ed insufficiente. Il tutto viene poi complicato dall´interessamento delle vene per cui ad una ridotta vis a tergo per il danno arterioso si somma una aumentata resistenza a valle per la flebopatia con gravi fenomeni di stasi ematica e ridotti scambi tissutali.
Il sinergismo di questi tre meccanismi garantisce un effetto emoreologico migliore con un incremento delI'ossigenazione a livello tessutale.
Come già detto anche la disinfezione-detersione delle piaghe e la stimolazione cellulare sono molto importanti per la guarigione delle ulcere e questi due meccanismi sono propri dell'ozono-terapia locale con sacchetto, attuata ad una concentrazione di 50-70 µg/ml per la disinfezione e ad una concentrazione di 15-20 µg/ml per la stimolazione.

Il protocollo da noi usato è il seguente:
1) Otto-dieci sedute di autoemoterapia ozonizzata al ritmo di tre sedute settimanali..
Questa metodica prevede il prelievo per ogni seduta di 150 ml di sangue in flaconi sottovuoto per ozonoterapia con anticoagulante,
ozonizzazione con 100 ml di ozono alla concentrazione di 26 µg/ml e successive reinfusione.,

2) Ciclo di 30 trattamentl locali con sacchetto in cui si è realizzato il vuoto, previa umidificazione della piaga con soluzione fisiologica, della durata di 20-25 minuti ognuno; le prime 10 sedute sono ad alta concentrazione per la disinfezione-detersione, le altre 20 sono a bassa concentrazione per la stimolazione.
Il trattamento viene solitamente iniziato in regime di ricovero ospedaliero e successivamente continuato ambulatoriamente presso l'ambulatorio di terapia antalgica.

Generalinente i pazienti tollerano bene questa cura; alcuni hanno riferito episodicamente lievi parestesie periorali di breve durata dovute all'autoemoterapia e talora un dolore locale urente nelle prime sedute del trattamento locale.
I pazientl arruolati in questa casistica provengono dalle Divisioni di Medicina e Chirurgia del nostro Ospedale, dove seguivano terapia medica varia (mesoglicano, emorcologici, Connettivina, niucopolisaccaridi) senza tuttavia risultati validi.
Sono stati trattati 18 femmine e 12 maschi, di età compresa tra i sessantadue e gli ottanta anni con ulcere trofiche varie per dimensioni e sedi, sempre comunque a carico delle gambe e o dei piedi. Nel casi più gravi con ulcere molto estese i pazienti sono stati sottoposti anche a trapianto di cute, previo un mese di trattamento.

RISULTATI

AbbIamo classificato i risultati in: I risultati sono stati: Le complicanze sono state praticamente nulle conisiderando i sintomi precedentemente descritti.

CONCLUSIONI

Pur considerando il numero relativamente esiguo di pazienti trattati, alla luce del risultati ottenuti si può concludere che lo schema proposto è risultato del tutto soddisfacente per ventisei pazienti su trenta e tale dato assume ancora maggior significato se si pensa che la terapia medica in atto non aveva dato alcun risultato positivo. I quattro pazienti in cui il risultato era stato nullo sono stati sottoposti a trapianto di cute con esito soddisfacente.